Lunedì di pratica Zen – 18

Il tempo vola come una freccia ed è di nuovo il tempo del nostro appuntamento settimanale di zazen e kinhin, stasera dalle 20 alle 21. Non che durante la settimana ci latiti la pratica, né che manchi il ritiro mensile previsto fra pochi giorni; ma il fatto è che questo incontro collettivo, molto concreto e nel medesimo tempo molto virtuale, ci ricorda ciò che fu, ci ripropone ciò che è e anticipa ciò che potrà ancora essere, nella nostra sede di Brescia e in qualunque posto di pratica. Capiamo tutte le esigenze del mondo di riversarsi all’esterno alla riconquista collettiva di tempi, spazi e socialità fisica, ma come prima dell’epidemia, anche ora e anche dopo tale bisogno si dimostra e si dimostrerà fallace se è solo un surrogato, una compensazione alla mancanza di un equilibrio interno. Il lavoro sulla nostra mente, che in realtà è una decantazione delle attività egoiche, un “nessun luogo da cui fuggire / un nessun luogo dove andare”, quindi un lasciare respirare lo stato naturale della mente è il baricentro dove le nostre azioni quotidiane, l’incontro con il mondo, trovano riconciliazione, realizzano equanimità e pace.

Gassho a tutti gli esseri e un amorevole sostegno ai sofferenti

*

Lo stato nonduale
è la resa totale, cosciente
allo stato duale, nello stato duale.

Al ritmo naturale del respiro, che diviene
spesso un soffio

e alla coscienza che come uno specchio
tutto riflette e tutto sente in sé

non una sola corrente d’energia, nemmeno
la più piccola, neanche la più sottile

nell’essere vista e respirata
cerca più di dirigersi verso un qualcosa,
una meta, un inesistente altrove.

Quando così non è, anche solo un capello,
e “cielo e terra sono (illusoriamente) separati”.

Lunedì di pratica Zen – 17

Torniamo sommessamente, ma con calore, a invitare tutti alla pratica di zazen – kinhin – zazen, questa sera dalle 20 alle 21, ovunque vi sia possibile e comunque vi riesca. Nel silenzio della vostra stanza o alla fermata del bus. La realtà è sempre manifesta e ogni istante si rivela.

Gassho a tutti gli esseri e un amorevole sostegno ai sofferenti.

*

“Pensarsi io” non aiuta
e non per “l’io” dopo “pensarsi”
ma proprio per il verbo “pensarsi”.

Molto meglio “vedersi natura”
e non per la “natura” dopo “vedersi”
ma proprio per il verbo “vedersi”,

sinonimo di accorgersi, essere coscienti: consapevoli sì,
ma di una consapevolezza non-egoica,
autocosciente, transpersonale,
panoramica.

Dove l’io stesso, più che soggetto, attore
centrale, perno della scissione

tra sé e un mondo contrapposto,
alienato ad altro da sé

è invece solo corrente distinguibile, ma
non scissa della realtà,

elemento integrante
e integrato di questa nuova coscienza

(eppure antica ben più delle montagne)

priva di oggetti, poiché ogni oggetto
è parte della “soggettività assoluta”
della realtà.

Lunedì di pratica Zen – 16

Rinnoviamo anche per questo lunedì l’invito a praticare zazen (meditazione seduta) e kinhin (meditazione camminata), ore 20-21. Se qualcuno non sa come fare, in attesa di vederci in qualche ritiro alla “Lovera” sul Garda, nella nostra sala di meditazione a Brescia o a Rezzato, riportiamo l’interessato alla pagina SEGNAVIA di questo blog (oppure a questa pagina Home in data 5 marzo 2020, come pure il 7 novembre 2020), dove potrà trovare le indicazioni per sedersi in pratica). Ricordiamo anche i videocollegamenti con il Monastero Zen di Sanboji, coi quali potete partecipare e verificare postura, modalità e spirito della pratica. Rammentiamo, infine, che con la pagina CONTATTI di questo blog siamo a vostra disposizione per ogni esigenza di pratica.

Gassho a ogni essere e un amorevole sostegno ai sofferenti

4 – fine

Considerare un disturbo il semplice
borborigmo della stufa è comico:

non ci sono disturbi in zazen.

Non è un disturbo il senso di fastidio
per il sonoro swiiishhh… dell’auto nella pioggia
giù nella strada

come pure il frastuono di una serranda,
la dolenzia al ginocchio,

così non è molesto un pensiero,
l’irritante sensazione del tempo
che non passa.

È una vera eresia preferire questo
o quello in zazen: ma cos’è questo io
che vuol essere misura di tutto?

E non ha senso cercare il senso
che non sia già qui, non riconoscere
proprio ora di essere a casa.

Ma se l’irritazione, il fastidio, la sensazione
di perdere tempo e il preferire
fossero una malattia in zazen

malattia più grande sarebbe cercare di sbarazzarsene,
iniziando il circolo vizioso di un fastidio
nascente che vuol cacciare
quello precedente.

(A meno che superi la soglia della tollerabilità,
ma stiamo parlando solo di venti, trenta minuti, a volte
quaranta, ogni volta di meditazione seduta, non
di una traversata del deserto, benché certo
si tratta dell’incommensurabile essere…)

Respirarli, guardarli, scoprirci loro tramite,
vivere l’energia, la natura nell’unico-qui-e-ora
popolato da tutto, lasciarli

fluire nello specchio della coscienza
finché durano, finché vengono
finché vanno

è la cura.

Se sorgono sono semplicemente
ciò che sono,

lampi d’energia, espressioni hic et nunc della vacuità
che costituisce ogni forma, ivi compresi
l’io osservante

il respiro, la cosa osservata, l’azione di osservare
e ogni altro aspetto.

Sono parte integrante della nostra pratica

che è come la vecchia cultura contadina
o quella nuova e verde del riciclo:

si usa tutto, non si butta niente.

“Usare se stessi per sperimentare i dharma1 è delusione.
Usare i dharma per sperimentare se stessi è risveglio”.2

1i dharma: eventi, fatti, fenomeni, cose, la realtà

2Dogen, “Genjokoan” in Shobogenzo

Prova d’orchestra

Una volta ho citato il film: “Prova d’orchestra”
di Federico Fellini, dove gli orchestrali suonavano
le loro musiche, ognuno a capocchia sua

in un bailamme di note dissonanti e in un groviglio
inestricabile di suoni e comportamenti.

Il tutto mentre una ruspa
cominciava la sua opera demolitrice
del teatro a colpi poderosi
di sfera d’acciaio.

Una caotica jungla narcisista che finiva
con il lasciare spazio a un nuovo
autoritarismo…

Ma mi è stato risposto che era il film
peggiore di Fellini.

Il che è come storcere il naso sotto la valanga
perché il cane che ti salva ha l’alitosi

e perché la squadra che spala
non soddisfa i tuoi requisiti estetici,
infatti non veste Prada.

A questo proposito, stupisce che le persone
abbiano opinioni su tutto, magari feroci

e ferocemente difese, fondate
sul nulla o misurate a spanne

ma solo per scoprire che questo gli serve
per non impegnarsi su niente
oltre il proprio recinto.

Stupisce ancora di più
che si affermino le inferriate
della propria prigione

come una bandiera di libertà

mentre non stupisce affatto
che siamo servi di noi stessi
credendo di esserne i monarchi

dato che tale è la normale
percezione del nostro io.

Lunedì di pratica Zen – 15

Eccoci qui per un altro lunedì di pratica zazen-kinhin-zazen, ore 20-21. E naturalmente a tutti estendiamo l’invito per sedere e camminare in semplice presenza mentale. Si cela un tesoro inestimabile ed amorevole in questo “niente di speciale”, che è lo stare un po’ in intimità con noi stessi e con il cuore delle cose.

Provate a sedere a gambe incrociate, oppure su di una normale sedia, con la schiena diritta, ma non tesa, le mani in grembo e gli occhi aperti. Verificate che non ci siano tensioni nelle braccia, nelle spalle e nel tronco, nel semplice respiro e negli occhi aperti, immobili. Ora prestate semplice attenzione a tutto ciò che si manifesta nella vostra mente e attorno a voi (che è un altro modo per sentirlo dentro di noi): se siete cristiani siete rimasti cristiani? Se siete buddhisti siete rimasti buddhisti? Se siete laici o atei siete rimasti tali? Siete semplicemente ciò che siete: esseri umani che fanno una cosa umana? Sono le basi dello zazen.

Gassho a tutti gli esseri e un amorevole sostegno ai sofferenti.

3

Certo è espressione di Realtà
anche la violenza di un essere

ma tanto più l’azione di contrasto
della violenza.

La prima è Realtà sotto forma
di illusione egoica che pensa di ridurre
in suo potere qualcosa che crede esterno a sé
con la coercizione fisica o mentale.

Mentre l’azione di contrasto all’ingiustizia
e alla violenza

è Realtà sotto forma di autoconsapevolezza
che agisce sull’altro come parte di sé

e una nostra mano può fermare
l’altra nostra mano che porta il coltello

ma non la può tagliare via

con l’accetta dicendo: ” tanto
non sono io, tanto il sangue

che ne uscirà non appartiene
a me”.