Lunedì di pratica Zen – 6

Eccoci all’appuntamento del lunedì. Un’altra settimana è passata con la sua gloria di gioie, il suo carico di sofferenze, le sue ore di fatica, d’amore e di riposo. Se la libertà – scriveva questa mattina il fondatore della comunità ecumenica di Bose – può essere usata per i propri profitti e prestarsi all’acuirsi delle più accese disuguaglianze, e se viceversa, nel preteso nome dell’uguaglianza, si può arrivare a soffocare le più elementari libertà, di certo la fraternità, il senso di appartenenza profonda ad una medesima natura, ad una stessa umanità, poco si presta ad uccidere libertà e negare uguaglianze. Se la saggezza è chiarezza e consapevolezza è poi l’amorevole aspetto dell’empatia, del senso di partecipazione alla vita, al cuore e alla mente degli esseri tutti che l’esprime compiutamente nel respiro e nei gesti quotidiani. Gassho


Lunedì di pratica zen – 5

Chiediamoci perché

Se il 25 febbraio abbiamo pubblicato il comunicato qui in calce riportato, vuol dire che con i normali mezzi d’informazione, e qualche semplice riflessione, molto era già chiaro a quella data in cui l’epidemia in Italia muoveva i primi passi.

E allora perché panico e facilonerie, terrorismo e incuria, protagonismi sfacciati e inutili, teorie d’accatto e comportamenti irresponsabili in un polverone infinito, di pensieri e parole, mediatico, social, personale e piazzaiolo, in cui ciascuno ha messo del suo?

Nel bailamme quotidiano, prestare la propria opera responsabile, riflettere, prendere una pausa di respiro, sedersi in meditazione, sono o no atti di una rivoluzione personale e collettiva, da troppo tempo rinviata?

Perdurando la chiusura del Centro, rinnoviamo l’invito a praticare zazen a casa e dovunque sia possibile. Esortiamo alla rilettura dei post precedenti e vi abbracciamo idealmente tutti, a partire dai sofferenti e dalle famiglie in lutto, che da tutta la terra e per ogni forma di dolore sono angoli dolenti della nostra mente e del nostro cuore.

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Invece del panico e della faciloneria

25 Febbraio

Invece del panico e della faciloneria: qualche riflessione su di noi e sul virus

1 – Trattandosi di un virus a bassa mortalità percentuale, ma ad alto potenziale di diffusione, per tenere basso il numero complessivo dei morti è necessario tagliare le linee di contagio (nei modi indicati dalle autorità sanitarie). È quindi il numero dei contagi, in questa fase senza cure risolutive, la chiave di volta da tenere sotto controllo.

2 –  Proteggere e diminuire i contatti sociali allo stretto necessario fa parte delle misure essenziali.

3 – Rallentare la diffusione ed evitare l’intasamento dei centri medici serve anche a non aggravare le condizioni di cura delle altre patologie pregresse, così che per impedire la morte di 2,3 persone su cento per coronavirus (alle quali va comunque, una ad una, la nostra empatia), non ne debbano morire altre (che godono della nostra stessa considerazione), magari in numero percentuale o assoluto maggiore.

4 – Il panico, la faciloneria, o il protagonismo, che come al solito non servono a nulla e peggiorano solo le cose, non fanno parte delle misure essenziali.

5 – Molti altri virus sono più letali, tra i quali quelli che nel linguaggio figurato fanno capo all’ignoranza che produce comportamenti mortali, ma per quelli, volendole seguire, ci sono già cure adeguate.

6 – Ai soliti “saputi” che in caso di riuscito controllo della diffusione strilleranno: “Molto rumore per nulla”, risponderemo tranquillamente: “E meno male!”

7 – Informeremo per tempo, in questa pagina, sulla ripresa dello zazen al centro, il lunedì sera. Per ora rimane confermato il ritiro di pratica all’eremo della Lovera alla fine di marzo.

Per il resto, nella nostra corsa verso riva,
ogni attimo, in ogni respiro, nasciamo
e moriamo nella nostra forma
mutevole di onda

ma dentro lo splendore, che non
nasce e non muore
della vacuità ineffabile del Grande Oceano

Terremoti e naufragi

23 Novembre 1980 – Terremoto in Irpinia

“Ragazzi da tutto il Nord corsero in aiuto, si chinarono su quella polvere, si strinsero alle comunità…”
(da Conchita Sannino, “I quarant’anni di solitudine dell’Irpinia ferita”, la Repubblica, 22 novembre 2020, pag. 25)

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Fui tra quei ragazzi. E ancora ne porto testimonianza:

A trent’anni corsi
sul terremoto dell’Irpinia
e piantai tende, scaricai morti
dai camion a Lioni.

Ora canuto siedo in zazen
e carico i morti e i vivi
sulle mie spalle.

(da Claudio Bedussi, Eremo d’inverno, La Parola, Roma, 2016)

Lunedì di pratica Zen – 4

Perdurando la chiusura del centro, per l’emergenza virale in corso, rinnoviamo l’invito a praticare a casa e dovunque sia possibile. Esortiamo alla rilettura dei post precedenti e vi abbracciamo idealmente tutti, a partire dai sofferenti e dalle famiglie in lutto.

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Gli eventi

Nel regno della causalità una situazione
inizia prima di quando la si può vedere.

Lo stesso evento non inizia affatto
nel regno senza tempo e senza spazio.

Si svolge senza divenire
e cessa senza mai finire.

Ritiro di pratica zen – 7/8 novembre

Reduci da due giorni, Anna come accompagnatrice e Claudio come paziente, da un’altra operazione agli occhi, siamo qui in grato ritiro zen e invitiamo tutti a sedere idealmente insieme, a beneficio di ogni essere senziente e oltre. Nella comunicazione del 27 marzo scorso, facilmente rintracciabile in questa pagina e purtroppo tornata d’attualità dopo la ripresa del contagio, ritroverete tutto ciò che è necessario per entrare nell’atmosfera, nella motivazione e nella scansione, in tutto o in parte, delle giornate di pratica intensiva. Gassho.

Perdurando la chiusura del Centro

RINNOVIAMO l’INVITO ALLA PRATICA

Perdurando la chiusura del centro, per l’emergenza virale in corso, rinnoviamo l’invito a praticare a casa e dovunque sia possibile. Esortiamo alla rilettura dei post precedenti e vi abbracciamo idealmente tutti, a partire dai sofferenti e dalle famiglie in lutto.

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Riproponiamo ancora, qui sotto, a ulteriore e rinnovato stimolo, le indicazioni per la meditazione (zazen) del 5 marzo scorso, in piena epidemia, ivi compreso il testo introduttivo sull’amorevole presenza.

L’amorevole presenza

La costrizone della quarantena, la rarefazione dei rapporti sociali, la preoccupazione per la famiglia, il lavoro e l’occupazione; il timore per il virus, la malattia e la morte; la tentazione dello sconforto e del panico oppure, al contrario, la faciloneria cieca che espone al rischio: tutto questo non se ne andrà solo perché non vogliamo vederlo. Non se ne andrà solo perché vogliamo che se ne vada. Tutto questo non è “materia” solo di azione: sanitaria, sociale, politica, ma anche di meditazione. Tutto questo va guardato e respirato in intimità con la nostra mente e il nostro cuore, con noi stessi. Tutto questo va affrontato fuori e dentro di noi. Salvo scoprire poi che il dentro e il fuori sono l’unica Realtà che ci comprende tutti, nella quale tutti viviamo, soffriamo e gioiamo. Lasciamo che si esprima: “Se il vero è lasciato a sé stesso, non vi è nulla di falso”. Rimaniamo nell’amorevole presenza. E quando ci alziamo, dove serve, oltre all’aiuto della pratica, prestiamo il nostro servizio responsabile.

INDICAZIONI BASE PER LO ZAZEN (meditazione)

Luogo:
meglio silenzioso e tranquillo, dove ci si possa sedere in santa pace. Ma nessun posto può essere scartato a priori: dalla corsia di un ospedale a un bar, passando dalla sala d’aspetto di una stazione o da una pensilina della fermata autobus.

Abito:
meglio comodo e sobrio, sia nei colori che nella fattura, e adatto alla temperatura del luogo di pratica. Ma all’occorrenza va bene l’abito che si indossa: dal pigiama di notte, all’abito di lavoro, dalla tenuta da montagna all’unico cencio che si possiede.

Orario:
meglio la pratica mattutina e serale, ma per chi non può o vuole soffrire di più, specie dopo un pranzo abbondante, vanno bene anche le ore pomeridiane.

Durata:
usualmente le sedute sono di 20, 30 o 40 minuti. Tuttavia si può cominciare da 1, 2 minuti, magari seduti in auto davanti al semaforo rosso, oppure da 5 minuti al giorno.

Frequenza:
meglio quotidiana. Tuttavia, sotto la pressione delle incombenze giornaliere, sappiamo quanto questo regalo, che facciamo a noi stessi e all’umanità, sia difficile. Diciamo allora: ogni volta che ci riusciamo, o che ricordiamo l’“inutilità” salvifica di “fermarci”.

POSTURA

Come sedere:
preferibilmente a gambe incrociate nella ben nota posizione del loto, oppure nel mezzo loto. Oppure ancora nella posizione birmana: un piede davanti all’altro sul tatami invece che appoggiato sulla coscia opposta. Il bacino è appoggiato su uno o due cuscini che lo sollevano e rendono più naturale la verticalità della schiena e l’appoggio di sostegno delle ginocchia sul tatami. Da ricordare che il bacino appoggia tra il centro e l’orlo del cuscino (non a caso è meglio un cuscino circolare), ciò impedisce quasi sempre il formarsi del formicolio alle gambe. Se i dolori sono insopportabili o altri problemi fisici impediscono queste posizioni si può sedere in seiza: (in ginocchio con un cuscino fra le gambe o una panchetta apposita sotto il sedere). Se anche tale modalità risultasse impossibile si può ben sedere su di una sedia, sempre con la schiena diritta, ma non tesa, i piedi per terra, le cosce verso il basso (quindi la sedia non deve essere troppo bassa). Il senso di tutto è la stabilità di base del corpo, che prelude al rilascio di ogni tensione, quella della mente compresa. Chi fosse addirittura impossibilitato a sedere, può rimanere nella postura che gli è possibile.

Le braccia: 
sono completamente rilasciate, prive di forza applicata. Durante la seduta sembrano scomparire, o viceversa fare blocco unico con spalle e busto come un tronco inanimato e solido, quindi privo di linee di tensione.
Le mani: una mano è appoggiata sull’altra, le palme in alto, e i due pollici si toccano di punta, naturalmente, senza tensioni. Riposano in grembo.

Le spalle:
cadono naturalmente, rimanendo in asse con la schiena, e raggiungono il punto più basso raggiungibile senza sforzo.

La schiena: 
è diritta, verticale, e tale rimane senza tensioni, per la semplice verticalità di un qualsiasi corpo che sta su se appoggia su di una base sufficiente. In questo caso è il triangolo formato dalle due ginocchia sul tatami e il bacino appoggiato sui cuscini (oppure sulla sedia, più i piedi per terra).

Il respiro:
regolare, naturale, entra ed esce senza forzature dettate dalla volontà o altre forze, quali emozioni, intenzioni, stress…

Gli occhi: 
aperti, immobili, senza tensione. Sono in un campo visivo globale, dalle due estreme aree periferiche, a destra e sinistra, a tutta l’area centrale in un unicuum. La messa a fuoco può esserci, ma non è ricercata. Magari vedono qualcosa, ma non guardano nulla in particolare. Gli occhi aperti e immobili sono decisivi, ma non diciamo oltre, per non creare ulteriori oggetti-ostacolo mentali.

Disposizione d’animo:
aperto, ricettivo, senza aspettative. Si tratta di essere la realtà sonomama: “così com’è”, e come appare nelle forme che sorgono e si dissolvono del presente che avviene.

Disposizione mentale: 
semplice coscienza di pensieri, sensazioni, emozioni. Nessun tentativo di eliminarli. Nessuna entrata nel contenuto del pensiero ad alimentare altri pensieri.

SI COMINCIA (e si finisce)

Nota:
Le modalità iniziali sono numerose e non staremo qui ad elencarle. La più conosciuta e praticata è contare le espirazioni fino a dieci e ricominciare da capo. Se però sorge un pensiero, tornare a uno e riprendere il conteggio. La modalità che descriviamo qui di seguito è frutto fattivo della nostra esperienza.

Ci si accomoda seduti come indicato in precedenza e si pone attenzione alle braccia e alle mani: sono rilasciate? C’è qualche linea di tensione in esse? La precisa sensazione fisica è di abbandono. Se questo abbandono continua, nel corso della seduta le braccia e le mani sembrano scomparire o far parte di un blocco unico e inanimato col corpo. Le spalle cadono naturalmente in basso o c’è qualche linea di tensione che le tiene, sia pur di poco, sollevate?

La schiena è diritta, verticale, senza forza applicata, senza linee di tensione? La sensazione è che sia la verticalità stessa ad autoportarsi senza intervento dei muscoli. Il respiro entra ed esce regolarmente senza sforzo alcuno? Corto o lungo che sia, superficiale o profondo, diaframmatico oppure ombelicale, è condizionato dalla nostra attenzione o si snoda via via libero da ogni tensione, calmo e sereno, com’è nella sua natura di soffio costante interno/esterno, interno/esterno…?

Gli occhi sono aperti e immobili? Il campo visivo è globale dalla vista periferica al centro? Bruciano? Allora c’è qualche linea di tensione: lasciar cadere ogni sforzo. Se la focalizzazione si perde, ritorna e si perde, lasciare che sia. Non intervenire. Se qualche dettaglio del campo visivo viene messo in luce, lasciare che sia: gli occhi vedono, la coscienza ne ha l’evidenza, ma non c’è nessuna volontà o sforzo di guardare.

La coscienza guarda e respira senza intervenire ogni forma si rifletta nello specchio della mente, siano essi rumori, pensieri, immagini, linee di tensione, tentativi di eliminare qualcosa, giudizi, preferenze?

E di nuovo: le braccia sono ancora sciolte? E le spalle? La schiena è diritta e senza tensioni? Il respiro entra calmo e regolare? Gli occhi sono aperti e immobili, privi di tensione? Ogni forma si riflette nello specchio della mente nella semplice coscienza e nel semplice respiro?

Ripetere questa verifica più volte nel corso della seduta.