L’io che vuol essere qui e ora

L’io che vuol essere qui e ora
è un grande, ma illusorio ostacolo al qui e ora.

Poiché il qui e ora non manca mai,
il desiderio di essere qui e ora

(o, allo stesso modo, il tentativo di eliminare tale desiderio)

è solo un qui e ora non riconosciuto.

È un fittizio altrove da dove parte
una tensione realizzativa
verso un qui e ora già presente
ma che non si autoriconosce.

“Vorrei essere acqua” sospira la follia
dell’onda che non si riconosce acqua.

L’unica “azione” possibile
è la semplice coscienza che riconosce
la tensione realizzativa

(e, se c’è, riconosce anche il tentativo di eliminarla)

la guarda e la respira.

E qualcosa accade.

Ma dire cosa accada è difficile,
perché già la parola la tradirebbe,

e la mente subito la trasformerebbe
in un fine, un oggetto da realizzare.

Invece accade solo da sé, in una
mente libera da aspettative.

Ma anche così la mente si chiede:
“Che cosa accade?”

Tuttavia è meglio una domanda
che una risposta.

La domanda è solo un desiderio di risposta
un’energia solo in cerca di definizione,
si può guardare e respirare, e se
portata all’estremo si chiama
koan, unità
di mente e domanda.

Un qui e ora adamantino
che presto o tardi implode
nell’evidenza.

La risposta invece diviene subito
un oggetto della mente,

che la mente crede di possedere
(come forse adesso la mente del lettore),
magari desidera realizzarla

ma tra sé e la risposta, quasi invalicabile
è l’illusoria frattura dell’oggettivazione.

Se durante la pratica

Se durante la pratica insorgono
stati piacevoli o spiacevoli

invece di attaccarsi agli uni
e rifiutare gli altri
trattiamoli tutti con affetto
ed equanimità

se ascoltati attentamente
guardati e respirati

rivelano tutti la
medesima realtà:

la stessa che noi siamo.

Quella fonte originaria
che tutto esprime

senza un fuori o un altrove.