Il Monito di Liliana Segre

L’egofascismo

L’errore è di considerare il nazifascismo
come un accidente della Storia, un’isola,
una parentesi chiusa

e non un portato di “qualcosa” che
da sempre alligna nella mente umana,
impregna il nostro vivere quotidiano

e che quando trova le condizioni si acuisce
torna ad affacciarsi nella Storia, con tutto
il suo carico distruttivo.

Questo qualcosa è il blocco psichico
che domina l’essere umano, la percezione
di un sé separato che determina
una percezione di divisione tra sé e il mondo.

Con il sé che si mette al centro e tutto il resto
in periferia, a un piano di valore inferiore
e subordinato al proprio tornaconto.

Tale percezione genera per un verso il desiderio di possedere
ciò che è già intimamente nostro, ma percepiamo
separato da noi, e ha così fascino se
sentiamo che ci dà piacere,
vita, potenza

(anche morte, nella disperata ricerca di riottenere
“questo intimamente nostro”, ma che non sappiamo
contattare, vivere, ritrovare.)

e dall’altro di annichilire la minaccia che questa realtà, percepita
come separata da noi, ma che ha una così grande
influenza su di noi, continuamente ci dà

per il solo fatto di essere vista come “altro”, vita “altra”
che potrebbe sommergere la nostra.

Non a caso la grande quota d’indifferenza
copre tutti gli aspetti della realtà che non ci danno
piacere-potenza o senso di minaccia.

Ne consegue una brama di possesso
che è nel contempo una necessità di controllo
della minaccia, per tacitare l’intima angoscia.

Questo universo di azioni e reazioni fobiche
che si rinforzano l’un l’altra raggiunge punti
di crisi e di esplosività di cui sono poi
piene le pagine dei libri di Storia.

È evidente allora che non esistono soluzioni stabili
a valle di questo blocco psichico, essendo
proprio tale blocco psichico il problema.

Non si spegne un incendio con la benzina
e con l’azione dell’incendiario.

Serve, quindi, la prima autoconsapevolezza
della presenza di questo blocco
e di esserne l’espressione
in ogni gesto, in ogni

pensiero e sensazione.

Serve, poi, lavorare su tale blocco, superare
la percezione separata delle cose,

la percezione separata di un sé, la percezione
individuale e arroccata dell’esistenza.

Necessariamente partendo da sé e offrendo
a tutti la possibilità.

Ma più che raggiungere qualcosa

il risveglio è vivere la nostra Realtà
eternamente manifesta
qui e ora.

Lo slancio d’amore è un suo precursore
L’amore ritrovato ne è la sua espressione.

Naturale è che lungo questo percorso
ogni atto contro l’umanità

non può attendere il superamento
del blocco psichico, per essere affrontato.

Il voto responsabile, l’attività sociale e politica
il volontariato, l’azione contro le disuguaglianze,
le violenze e le ingiustizie saranno allora

l’aspetto visibile, l’anima sociale, il riflesso
esterno del lavoro su di sé

che nel nostro caso si chiama zazen,

ma che ognuno può fare con gli “strumenti”
o con le “vie”, laici o religiosi, che gli
sono propri.

Trovo impossibile, in particolare,
che un movimento politico di reale cambiamento
non si occupi pubblicamente

e non solo nel recinto del privato,

come parte integrante della propria azione,
di quell’azione così concreta

che è il lavoro su di sé,
caposaldo e scaturigine di ogni azione
sociale e politica.

(rilettura – da “Il respiro e il viaggio” – 30 luglio 2019)

Uscendo dal ritiro Zen di Dicembre-Gennaio

Meditazione e azione nessun confine

Per essere chiari, oltre ogni ombra
di dubbio, quando parliamo di meditazione
parliamo di sedere in silenzio e di aprire
l’ascolto e l’animo alla presenza.

La meditazione, nella sua costanza
e semplicità, è un atto rivoluzionario,
non una fuga dalla realtà.

Quando parliamo di meditazione
parliamo dei corpi martoriati dell’Ucraina
e di ogni guerra, dell’obbedienza assurda
agli ordini contro l’essere umano,
parliamo delle donne dell’Iran
e dell’Afghanistan,

parliamo delle sofferenze del pianeta
e degli interminabili dolori dell’umanità
alimentati da quel costruttore di muri
e prigioni che erige i suoi architravi
nella mente che inganna sé stessa.

Ecco di cosa parliamo, quando
parliamo di meditazione.

Parliamo di uno spazio di coscienza
senza il quale nuovi e antichi mostri
popolano la Terra e crocifiggono
l’amore, la giustizia e la gioia.

*

Possa questa pratica essere di beneficio
a tutti gli esseri in questo anno che inizia

Uno scoiattolo squittì

“Quando Fa-chang stava per morire, uno scoiattolo sul tetto squittì.
È proprio questo – egli disse – e null’altro”.

Ma se voi vi fermerete allo scoiattolo e al suo squittio
ne rimarrete prigionieri

come sempre accade quando l’io cerca di afferrarsi
a qualcosa per sfuggire alla propria evanescenza.

E perderete il respiro del maestro morente, il suono
della sua voce e di ogni singola lettera della frase:
“È proprio questo, e null’altro”.

Tuttavia anche se vi fermerete al respiro
del maestro morente e al suono della sua voce
ne resterete prigionieri

e perderete il ritmo del mio respiro, il suono
della mia voce, i movimenti della mia mente
e delle mie mani che stanno scrivendo:
“È proprio questo, e null’altro”,
alle ore 14.30 del 19 dicembre 2022.

Ma se vi fermerete a questo testo, e al suono
della mia voce, ancora rimarrete prigionieri

e perderete il tempo del vostro respiro, i movimenti
della vostra mente, il suono della vostra voce
che ripete ogni singola parola della frase:
“È proprio questo, e null’altro”.

Ugualmente se cercherete di afferrarvi
al tempo del vostro respiro e al movimento della
vostra mente che ripete: “È proprio questo, e null’altro”
sarà come immergere una mano nell’acqua
e cercare di stringerla in pugno
o come pretendere di tagliare l’oceano
con un colpo di spada.

Finché continuerete a voler afferrare
qualcosa che possa essere definito “proprio
questo e null’altro”, soffrirete la peggiore
prigionia.

È stato detto:

“… Sopra le testa non un tetto, sotto i pedi
non un palmo di terra …”

“Quando Fa-chang stava per morire, uno scoiattolo sul tetto
squittì, è proprio questo – egli disse – e null’altro”.

Uscendo dal ritiro Zen di Novembre

In buona sostanza
siamo degli esuli in casa nostra.

E senza che nessuno ci escluda
a parte una percezione che vede solo
entità separate e noi separati da esse.

Ci aggiriamo nelle nostre stanze
alla drammatica ricerca della nostra casa

e non la riconosciamo.

L’esperienza Unica della Realtà
di cui siamo parte ed espressione
ci è preclusa

a causa di infiniti e mutevoli
elementi

nei quali l’io prima
s’illude di scomporre il mondo
per meglio afferrarlo

e con i quali poi cerca
affannosamente di ricomporlo

senza riuscirci, poiché non riconosce
che quelle che vede solo come forme separate

da sempre sono già la Meravigliosa Realtà
della nostra casa.

I nostri fagioli della Valvestino

Tra i tanti modi per far vivere una valle e una comunità

dissodare un fianco di terra, seminare e coltivare

erbe antiche e nuove, alzando talvolta

gli occhi all’immensità dei monti

è quello che noi abbiamo trovato,

in silenzio, senza proclami.

Alternando il sudore del lavoro nei boschi

e lunghe ore in meditazione

curando il campo, l’orto e lo spirito

monachesimo laico e coniugale

di un uomo e una donna

innamorati di una terra dalla quale

solo si partiva.

Mostrando che si può tornare.