Rinnoviamo l’invito alla pratica – 11

Rinnoviamo ancora l’invito a tutti i praticanti del centro – insieme a coloro che si vogliono aggiungere nei propri luoghi di dimora – questa sera, a sedere in zazen a casa o dovunque ci troviamo, idealmente insieme, psicologicamente e spiritualmente uniti, a beneficio di tutti gli esseri. Ancora vi abbracciamo tutti, a partire dai sofferenti, dalle famiglie in lutto e da tutti coloro che si prodigano, nel corpo e nello spirito, per la cura dell’umanità dolente.

Uscendo dal ritiro Zen di Maggio

*

Lo zazen è uno sforzo e una fatica
quando la polvere dell’io offusca
lo specchio della mente.

È un premio quando la mente è
come uno specchio lucente.

Ed è semplicemente ciò che è,
(meravigliosamente ciò che è)

quando la mente è così com’è.

*

Possa questa pratica essere
di beneficio a tutti gli esseri.

Rinnoviamo l’invito alla pratica – 10

Informiamo tutti i partecipanti alla pratica di zazen e kinhin nel centro Zen di Brescia, presso ARCI, Via Scuole 34, che il gestore della sala, con la nostra approvazione, ha prudenzialmente ritenuto di aprire i battenti al pubblico direttamente a settembre 2020, previa verifica della situazione sanitaria e della normativa relativa allora vigenti. Non va dimenticato che la nostra regione è la più colpita dall’epidemia, e all’interno di essa Brescia e la sua provincia, seppure in palese regresso, è tra le zone ancora a più alto numero di nuovi contagi. La sala è frequentata da numerosi gruppi che si avvicendano tutti i giorni della settimana, quasi senza soluzione di continuità. Bagno, spogliatoio e spazio antistante la sala non consentono un facile distanziamento fisico (“non distanziamento sociale” come i media si ostinano a dire: non c’è niente di più sociale del distanziamento fisico in questa fase). Le misure di sanificazione e disinfezione, prima e dopo l’utilizzo degli spazi da parte di un gruppo, non sono né semplici né economiche da svolgere, e quindi ha prevalso la prudenza.

Rinnoviamo, pertanto, ancora l’invito a tutti i praticanti del centro – insieme a coloro che si vogliono aggiungere nei propri luoghi di dimora – questa sera, a sedere in zazen a casa o dovunque ci troviamo, idealmente insieme, psicologicamente e spiritualmente uniti, a beneficio di tutti gli esseri. Ancora vi abbracciamo tutti, a partire dai sofferenti, dalle famiglie in lutto e da tutti coloro che si prodigano, nel corpo e nello spirito, per la cura dell’umanità dolente.

Cogliamo l’occasione per informare che anche il ritiro di pratica mensile alla fine di questa settimana si svolgerà, come in marzo e aprile, con ognuno alla propria dimora. Possibile, invece, (tutto dipenderà solo dall’andamento dell’epidemia) che l’ultimo ritiro di questo scorcio di stagione, quello di giugno, con le dovute accortezze, si possa svolgere insieme, all’eremo della Lovera. A questo proposito pare che il nuovo picchio implume e urlatore nel cavo del ciliegio si stia già attrezzando… (vedi pagina HAIKU – giugno 2019)




Ora pensa a quel che dici

“Io dico quello che penso”,
è tutto fiero l’odiatore del web.

Ora pensa a quel che dici.

Poi ci sono quelli che credono
che loro il Cristo non l’avrebbero mai ucciso

e intanto Cristo gli passa con la croce
ogni giorno sotto gli occhi
e nella mente

ma noi siamo troppo occupati
a guardarci le mani libere
dal male

per riconoscerlo.

*

Rinnoviamo l’invito alla pratica – 9

Perdurando la chiusura del centro, per l’emergenza virale in corso, rinnoviamo l’invito a tutti, questa sera, a sedere in meditazione a casa o dovunque ci troviamo, idealmente insieme, psicologicamente e spiritualmente uniti, a beneficio di tutti gli esseri. Vi abbracciamo idealmente tutti, a partire dai sofferenti, dalle famiglie in lutto e da tutti coloro che si prodigano, nel corpo e nello spirito, per la cura dell’umanità dolente. Se vogliamo che un momento di così grande crisi sociale si riscatti e si trasformi in un grande momento di opportunità personale e collettiva, non possono mancare le fondamenta – la pietra d’angolo che regge ogni cosa – dello zazen, della meditazione, del lavoro sulla nostra mente e sul potenziale universale della sua consapevolezza e condivisione. L’albero di una società più equa e solidale non può crescere nel mondo se non affonda le radici nella terra di una nuova – eppure antica come le montagne, ma mai diffusa a sufficienza – coscienza umana.

Rinnoviamo l’invito alla pratica – 8

Perdurando la chiusura del centro, per l’emergenza virale in corso, rinnoviamo l’invito a tutti, questa sera, a sedere in meditazione a casa o dovunque ci troviamo, idealmente insieme, psicologicamente e spiritualmente uniti, a beneficio di tutti gli esseri. Vi abbracciamo idealmente tutti, a partire dai sofferenti, dalle famiglie in lutto e da tutti coloro che si prodigano, nel corpo e nello spirito, per la cura dell’umanità dolente.

Riletture: Maggio 2019

Dedicato a chi considera un eremo-podere di montagna, denso di pratica spirituale e lavoro fisico, come una qualsiasi seconda casa… (il diario di 12 mesi è alla pagina haiku)

31 Maggio 2019

MAGGIO

Si fa presto a dire eremo, come se l’isolamento fosse un fiore all’occhiello, un segno di distinzione, una sussiegosa prerogativa di separazione dal mondo, ma il mese comincia con la festa del lavoro e dei lavoratori ed è proprio in questi posti che rimangono le vestigia del lavoro più duro, le memorie dei lavoratori, montanari, contadini e carbonai, che per secoli hanno consumato schiena e pane sui nostri tratturi, su ogni pendio terrazzabile, dissodabile, coltivabile, trasformabile in spiazzo circolare sul quale edificare la catasta di legna da carbonare. Raccontano ancora i vecchi testimoni che da tutta la Valvestino salivano colonne di fumo delle carbonaie. I sacchi di carbone, poi, su carri trainati da buoi percorrevano la valle e risalivano faticosamente per questo valico, dove passava la vecchia strada comunale che scendeva verso l’alto e medio Garda. Dove ora c’è un bosco lasciato ai tronchi caduti o tagliati e abbandonati insieme alle plastiche di un lavoro alienato e senz’anima, crescevano piccoli campi di granturco, segàboi, prati magri, pascoli. I bambini correvano da una parte all’altra della valle, da un fienile all’altro, da un terreno ad un’erta per portare pane e companatico ai padri, ai fratelli maggiori, ai nonni.

    Con un po’ di legna in spalla e una semplice cartella guadavano torrenti e risalivano pendii, anche un’ora di cammino per recarsi a scuola. Le donne a rastrellare sui fianchi scoscesi, la cucina, la stalla, la casa, il bucato, le maternità, i rammendi, un lavoro che non finiva mai.

Ora le cose sono cambiate proprio grazie al lavoro dell’uomo. Le colonne di fumo, magari, si sono trasferite dalle carbonaie alle fonderie delle valli contigue, ma è innegabile che l’evoluzione s’è portata via la fatica agra, la miseria diffusa, le malattie endemiche. È quindi bene che si sappia cos’è un eremo come il nostro: un territorio fisico e spirituale immerso nel territorio del tempo della più vasta umanità che lo abita, lo lavora e interagisce con l’umanità ancora più vasta del mondo intero. Ieri come oggi – anche se sempre pochi per scelta e in migratorio calo per tradizione – e da esso trae libertà, ispirazione e giusto sostentamento. La quintessenza del primo maggio.