Uscendo dal ritiro Zen di Aprile

L’essere umano non è causa passiva della Storia,
un burattino delle circostanze, una fragile casa
nelle tempeste.

Pur evanescente incrocio di correnti e infinite cause,
l’essere umano è una forma senziente
e ha voce alta nel destino.

Non di quello fisico, ché tutti dobbiamo
qui esalare l’ultimo respiro, e la malattia
mette il punto all’ultima parola.

L’essere umano ha la voce alta nel destino
di consapevolezza, chiarezza, compassione
(ah, l’amore …) e azione.

-Ma la guerra – direte – l’orrore, la predazione
del più debole … –

E questo non rende più evidente la voce
dell’essere umano nel destino?

Noi ci forgiamo l’inferno, non Dio, non il Fato.
Nessun destino iperuranico, solo la mente
e ciò che fa.

La mente ci salva, la mente ci perde.

Il soldato russo che si rifiuta di aggredire l’Ucraina
è causa attiva della Storia, come lo è il soldato
americano che obbedisce e vaporizza
vecchi, donne e bambini a Hiroshima
e Nagasaki.

E ambedue costruiscono un presente
ed un destino diversi.

A quale vogliamo contribuire?

Lunedì di pratica zen – 5

Chiediamoci perché

Se il 25 febbraio abbiamo pubblicato il comunicato qui in calce riportato, vuol dire che con i normali mezzi d’informazione, e qualche semplice riflessione, molto era già chiaro a quella data in cui l’epidemia in Italia muoveva i primi passi.

E allora perché panico e facilonerie, terrorismo e incuria, protagonismi sfacciati e inutili, teorie d’accatto e comportamenti irresponsabili in un polverone infinito, di pensieri e parole, mediatico, social, personale e piazzaiolo, in cui ciascuno ha messo del suo?

Nel bailamme quotidiano, prestare la propria opera responsabile, riflettere, prendere una pausa di respiro, sedersi in meditazione, sono o no atti di una rivoluzione personale e collettiva, da troppo tempo rinviata?

Perdurando la chiusura del Centro, rinnoviamo l’invito a praticare zazen a casa e dovunque sia possibile. Esortiamo alla rilettura dei post precedenti e vi abbracciamo idealmente tutti, a partire dai sofferenti e dalle famiglie in lutto, che da tutta la terra e per ogni forma di dolore sono angoli dolenti della nostra mente e del nostro cuore.

*

Invece del panico e della faciloneria

25 Febbraio

Invece del panico e della faciloneria: qualche riflessione su di noi e sul virus

1 – Trattandosi di un virus a bassa mortalità percentuale, ma ad alto potenziale di diffusione, per tenere basso il numero complessivo dei morti è necessario tagliare le linee di contagio (nei modi indicati dalle autorità sanitarie). È quindi il numero dei contagi, in questa fase senza cure risolutive, la chiave di volta da tenere sotto controllo.

2 –  Proteggere e diminuire i contatti sociali allo stretto necessario fa parte delle misure essenziali.

3 – Rallentare la diffusione ed evitare l’intasamento dei centri medici serve anche a non aggravare le condizioni di cura delle altre patologie pregresse, così che per impedire la morte di 2,3 persone su cento per coronavirus (alle quali va comunque, una ad una, la nostra empatia), non ne debbano morire altre (che godono della nostra stessa considerazione), magari in numero percentuale o assoluto maggiore.

4 – Il panico, la faciloneria, o il protagonismo, che come al solito non servono a nulla e peggiorano solo le cose, non fanno parte delle misure essenziali.

5 – Molti altri virus sono più letali, tra i quali quelli che nel linguaggio figurato fanno capo all’ignoranza che produce comportamenti mortali, ma per quelli, volendole seguire, ci sono già cure adeguate.

6 – Ai soliti “saputi” che in caso di riuscito controllo della diffusione strilleranno: “Molto rumore per nulla”, risponderemo tranquillamente: “E meno male!”

7 – Informeremo per tempo, in questa pagina, sulla ripresa dello zazen al centro, il lunedì sera. Per ora rimane confermato il ritiro di pratica all’eremo della Lovera alla fine di marzo.

Per il resto, nella nostra corsa verso riva,
ogni attimo, in ogni respiro, nasciamo
e moriamo nella nostra forma
mutevole di onda

ma dentro lo splendore, che non
nasce e non muore
della vacuità ineffabile del Grande Oceano

Terremoti e naufragi

23 Novembre 1980 – Terremoto in Irpinia

“Ragazzi da tutto il Nord corsero in aiuto, si chinarono su quella polvere, si strinsero alle comunità…”
(da Conchita Sannino, “I quarant’anni di solitudine dell’Irpinia ferita”, la Repubblica, 22 novembre 2020, pag. 25)

*

Fui tra quei ragazzi. E ancora ne porto testimonianza:

A trent’anni corsi
sul terremoto dell’Irpinia
e piantai tende, scaricai morti
dai camion a Lioni.

Ora canuto siedo in zazen
e carico i morti e i vivi
sulle mie spalle.

(da Claudio Bedussi, Eremo d’inverno, La Parola, Roma, 2016)