Ottobre

Una pioppa tremula s’è abbattuta su di un carpino nero e se l’è trascinato nella caduta. Insieme hanno schiantato la chioma di un carpino bianco e sono atterrati nel prato rasato di fresco, in un groviglio di rami, tronchi e fronde spezzate, già maculate d’autunno. 

Nella cornice ordinata di un verde erboso e smeraldino, frutto di sudore, lame e lunghi rastrelli, squisitamente orlato a terra di foglie dai colori di Van Gogh, spiccano ora i corpi abbattuti dei due giganti in un intrico scomposto. 

Nel contrasto tra spazio ordinato dall’uomo e incursione del disordine tempestoso – che costerà ore di lavoro se non vogliamo che i materiali scivolino a valle ad intasare i corsi dei fiumi, e frutterà legna per due inverni – s’afferma la vita. Quella quotidiana ed epica dell’essere umano nel dare forma agli elementi, fino ad arrivare a sconvolgerli, e quella incontenibile degli elementi nel riprendersi il loro ordine, rimescolando i mandala, perfetti e imperfetti, degli uomini.

sul mio ginocchio
zampette e frullo d’ali
un passerotto

Le foglie gialle
e rosse del ciliegio
sulla lattuga

bianchi vapori
veleggiano le gole
passi nell’orto

Nella magnifica appartenenza

Nella magnifica appartenenza
non c’è fuori, non c’è dentro
non c’è prima, non c’è dopo
non c’è vicino, non c’è lontano.

Inutile cercare d’entrare, inutile temere
di uscire

poiché tutto è vuoto”
come può accadere qualcosa?

Leggendo queste parole, la coscienza
che non sperimenta l’immobile che è il movimento stesso
crede che esse stiano negando la vita

ma se affermi, neghi o sminuisci la vita
è chiuso l’occhio della Vacuità, della Coscienza Originaria.

E quando la Coscienza Originaria
non è così sveglia nella sua forma umana

l’essere umano svolge la sua breve, fragile
eternamente preziosa vita

cercando di afferrare risposte
ma smarrendone il senso

credendo di vivere,
ma avvolto nel sonno

anelando alla vita,
ma senza viverla davvero

inondato di luce,
ma incapace di riconoscerla nell’apparente selva
oscura e luminosa delle sue illusioni.

*

Il qui e ora

Il qui e ora dello spirito
racchiude il qui e ora dell’io,
ma non è il qui e ora dell’io.

Il primo è inclusivo,
comprende tutte le forme, le distinzioni
(anche l’io, quindi)
ma è indiviso, eterno in quanto atemporale.
Ed è in sé passato, presente e futuro.

Il qui e ora dell’io è la realtà divisa in un soggetto
che percepisce tanti oggetti separati, fuori di sé.

Il primo, quindi, comprende anche il secondo
vede distintamente le forme e la loro diversità
ma sperimenta anche che sono il medesimo reale.

Il secondo è solo frattura, forme separate,
con sé al centro e le altre ora minacciose, ora d’amare,
ora da eliminare, ora da bramare, ma sempre
esterne a sé.

Il primo è soggettività assoluta
perciò relativa

Il secondo solo soggettività relativa
perciò illusoria.

Il primo è essere sempre a casa propria.
anche sulla strada.

Il secondo è essere solo un’ombra sulla strada.

Il primo è il risveglio dello spirito che affiora
nella sua forma umana e, in questa fase evolutiva,
purtroppo ancora in pochi esseri senzienti.

Il secondo è una dotazione di nascita che si sviluppa
in tutti, o quasi, fin dai primi mesi d’età.

Ed è così pesante, biologico-evolutivamente così determinato
da monopolizzare la percezione della realtà,

da impedire la consapevolezza stessa che esista
il primo.

Ma quando il qui e ora della vacuità, dello spirito, è manifesto
tutte le forme, anche quelle che lottiamo per cambiare,
perché generano ingiustizie e sofferenze,
godono della stessa natura,
come pure la nostra
azione, e ciò

non pone termine all’azione,
pone termine alla creazione del nemico,
come a un demone esterno che non ci appartenga.

*

Arretra la notte.
L’animale notturno torna alla sua tana,
nella sala di meditazione si diffonde
il chiarore dell’alba, laggiù
eppure qui è la pianura.

Ascolta

Alla roccia della tartaruga
sul greto del torrente adamellino
ci siamo seduti, convalescenti.

Con la schiena diritta, dentro
il suono incessante della corrente
abbiamo respirato la gioia di respirare

cavalli al pascolo, abetaie,
pareti di roccia, erba rasa. Buon vino,
formaggio e pane.

Raccolti i resti gloriosi del pasto, ad ogni passo
guariti, abbiamo ripreso il cammino.

 

Ascolta.

 

Basta che tu sieda in meditazione
nel fragore continuo del torrente
per vivere che il fuori è dentro
e noi ci siamo immersi.

La frattura tra il dentro del sé
e il fuori del non sé

si risolve in una differenza di forme
cangianti di un medesimo Reale
privo di frattura alcuna.