A Roberto Bendo Hongaku Villa

Carissimo amico, compagno di pratica,
silenzioso suonatore di gong
in tanti ritiri Zen

maestro di Dharma nella bianca Cecina

“non è mai perdersi, se a volte ci si allontana …”

ha detto un poeta.

E questo ti scrivo, nella grande trasformazione
in cui tutto vive, e tutti ci accomuna:

Siamo una piccola ondulazione dell’universo
che per una scintilla, un fiato di tempo
si guarda allo specchio e si dice:
“sono un essere umano”

e si vive

alla confluenza azzurra di linee
siderali d’energia
che chiama Terra.

Per cecità e ignoranza propaghiamo
guerre, ci affanniamo nei giorni
disseminiamo ferite.

Per coscienza e risveglio
ci sappiamo schiuma
ci riconosciamo universo.

Per compassione e moto d’animo
salutiamo in noi e in ogni essere

la breve meraviglia del respiro

il giorno della venuta
e quello dell’addio.

Estate 2022 – Il filo d’Arianna – 3

“Il fine [spirituale] si realizza a patto di non porselo.”

Perché, cosa succede se ce lo poniamo?
Succede che dividiamo illusoriamente
la realtà in un soggetto che cerca
e in un oggetto cercato.

E fanno due; tre con l’azione
di cercare.

Ogni volta che oggettiviamo,
ci alieniamo illusoriamente dalla parte
di realtà oggettivata, la rendiamo esterna,
separata da noi.

Dopo di che abbiamo bisogno
di colmare la distanza che abbiamo
illusoriamente creato fra noi e questa
parte della realtà oggettivata.

Ma finché dura la scissione che la alimenta,
la distanza non potrà mai essere colmata.

È come il cane che cerca di mordersi la coda.
Ogni suo movimento per prenderla
sembra avvicinarla

ma in realtà la tiene distante
quel tanto che basta da renderla imprendibile.

Il cane si lancia in un giro vorticoso
destinato all’insuccesso

per afferrare una cosa che non ha nessun
bisogno di afferrare, perché è già parte di sé.