Straordinario è vedere

Straordinario è vedere
come persone, partiti e movimenti
considerino azione

solo ciò che parte
da loro e va verso “l’esterno”.

Come fa il medico
che va a curare il malato.

Il vecchio detto:
“medico, cura te stesso”
pare non riguardarli.

Se qualcosa deve essere fatto
va relegato nel riserbo
della sfera personale, come
un optional sociale:

nessun punto qualificato di programma,
nessuna azione mirata su se stessi
come parte integrante dell’azione,
nessun accenno di lavoro

socialmente rilevante

su quel blocco psichico
che domina l’essere umano
e determina il mondo.

Su quel blocco
che si autocolloca al centro,
vede il resto della realtà
solo come un “fuori”

e non ha
una benché minima esperienza
del cuore indiviso delle cose.

Tutti protesi a cambiare il mondo
secondo il proprio ordine.

Tutti liberatori di altri.

La rivoluzione che parte da dentro

Fino a quando il comportamento umano
sarà figlio della percezione illusoria,
individuale, dell’esistenza,

dell’illusione di un sé separato
che si autocolloca al centro

e percepisce come minaccia,
realtà a margine, o terreno
di propaganda e conquista, “l’altro”:
ovvero ciò che pensa essere
fuori di sé,

lasciare che gli io plaudenti
emanino direttamente i capi
(o peggio ancora ne siano soggetti)

senza mediazione di forze intermedie:
plurime e dialettiche correnti di pensiero,

significa lasciare che si consolidi una pura
struttura di massa del fascismo.

Sostenuta da una mera identificazione
di potenza e di tornaconto col capo,

nella quale il noi è solo l’esito falangista
e distruttivo del narcisismo individuale.

Per un leader positivo che appare
sono pronti 100 leaders negativi
o dei semplici benintenzionati (all’inizio)

che lastricano di buone intenzioni
le vie dell’inferno

e danno voce alle pulsioni tipiche
del meccanismo proiettivo
dell’io: un “ego first” che
si fa uomo-massa.

17 marzo: zazen

Per venire incontro alle esigenze di alcuni praticanti la giornata intensiva di zazen del 17 marzo si terrà a Rezzato, dalle 8 alle 13. Chi fosse intenzionato a partecipare ci faccia sapere entro venerdì sera. Alla pagina COMUNICAZIONI le modalità di contatto.

Il giorno dopo, domenica 18 marzo, all’eremo “La Lovera”, è prevista una giornata intera di zazen e koan, alla quale è possibile partecipare solo previo colloquio personale col responsabile. Sempre alla pagina COMUNICAZIONI le modalità di contatto.

Il filosofo e il convegno

A proposito del bel Convegno in questi giorni a Brescia sul pensiero di Emanuele Severino

Ciò che appare singolare quando si parla di Emanuele Severino non è l’accostamento, sensato, alla nuova Fisica ma il mancato accostamento con la filosofia buddhista, ambedue tacciati, tra l’altro, Severino e il buddhismo di essere alternativamente panteisti o atei.

Poi leggiamo frasi, addirittura titoli: “La legna non diventa cenere”, scritti da Severino che scopriamo essere le stesse parole di Dogen maestro Zen del 1200 per affermare le stesse ragioni, anche se fondate sull’esperienza meditativa, più che sull’attività speculativa. (Ragione questa, per ulteriori approfondimenti, semmai, invece che motivo di estraneità e immediato e liquidatorio tentativo di ignorare l’accostamento e la miniera di relazioni intercorrenti, di pensiero e di vita. Si veda, nel mio piccolo – e scusate l’autocitazione – il capitolo “L’acqua che scorre immobile”, pag.22-23, in Claudio Bedussi, La follia dell’onda, Edizioni Sotterranee, 2012 ).

Oppure vogliamo accostare l’espressione: “la questione dell’eterno come la manifestazione del divenire” (Antonio Gnoli, “L’eterno ritorno di Severino l’ultimo dei parmenidei”, La Repubblica, pag.37, Cultura, 1/3/18)

con il Sutra del Cuore: “Il vuoto è forma la forma è vuoto”,
con Hakuin Zenji: “dimorando nell’immobile che è il movimento stesso”?

Siamo d’accordo sulla “follia dell’Occidente”, preda del nichilismo, sull’Occidente ”come il luogo dove si è manifestato l’errore”, ma anche sull’Occidente come “errante”, in ricerca della Verità.

Se tuttavia non si coglie quanto di ausilio in tale ricerca potrebbe essere la ricerca e il pensiero buddhista (e non solo quelli, naturalmente), fondati su di una parola diretta emanazione di un’esperienza di vita, (quella sì che sfugge al nichilismo), temo che la ricerca occidentale della Verità si privi di elementi così importanti da dover rimanere a lungo sulla strada, per non dire in eterna diaspora, magari girando in tondo, magari avviluppata in un bozzolo vanificante la ricerca stessa, per poi scoprire o riscoprire magari ciò che altre tradizioni, o altre voci, hanno già scoperto, da noi inascoltate, da poco o da qualche millennio. E non mi riferisco solo a quelle orientali: Eckhart e Simone Weil, tra le altre, docet.