Indifferenza e rabbia, due modi opposti
per far crescere lo stesso egofascismo.
Porsi in meditazione è di per sé un atto di chiarezza,
ogni volta una delle migliori possibilità
di consapevolezza.
Poi alzarsi e agire.
Indifferenza e rabbia, due modi opposti
per far crescere lo stesso egofascismo.
Porsi in meditazione è di per sé un atto di chiarezza,
ogni volta una delle migliori possibilità
di consapevolezza.
Poi alzarsi e agire.
Ciò che siamo non è altro da noi,
ma non siamo noi.
È tutto ciò che ci serve per realizzarlo
è sempre con noi.
*
Grazie a tutti i partecipanti, mai così numerosi e attenti.
Possa questa pratica essere di beneficio
a tutti gli esseri.
“Quando Fa-chang stava per morire, uno scoiattolo sul tetto squittì.
È proprio questo – egli disse – e null’altro”.
Ma se voi vi fermerete allo scoiattolo e al suo squittio
ne rimarrete prigionieri
come sempre accade quando l’io cerca di afferrarsi
a qualcosa per sfuggire alla propria evanescenza.
E perderete il respiro del maestro morente, il suono
della sua voce e di ogni singola lettera della frase:
“È proprio questo, e null’altro”.
Tuttavia anche se vi fermerete al respiro
del maestro morente e al suono della sua voce
ne resterete prigionieri
e perderete il ritmo del mio respiro, il suono
della mia voce, i movimenti della mia mente
e delle mie mani che stanno scrivendo:
“È proprio questo, e null’altro”,
alle ore 14.30 del 19 dicembre 2022.
Ma se vi fermerete a questo testo, e al suono
della mia voce, ancora rimarrete prigionieri
e perderete il tempo del vostro respiro, i movimenti
della vostra mente, il suono della vostra voce
che ripete ogni singola parola della frase:
“È proprio questo, e null’altro”.
Ugualmente se cercherete di afferrarvi
al tempo del vostro respiro e al movimento della
vostra mente che ripete: “È proprio questo, e null’altro”
sarà come immergere una mano nell’acqua
e cercare di stringerla in pugno
o come pretendere di tagliare l’oceano
con un colpo di spada.
Finché continuerete a voler afferrare
qualcosa che possa essere definito “proprio
questo e null’altro”, soffrirete la peggiore
prigionia.
È stato detto:
“… Sopra le testa non un tetto, sotto i pedi
non un palmo di terra …”
“Quando Fa-chang stava per morire, uno scoiattolo sul tetto
squittì, è proprio questo – egli disse – e null’altro”.
Se la liberazione fosse leggere mille libri
non sarebbe per tutti.
Se la liberazione fosse non leggere affatto
non sarebbe per tutti.
Se la liberazione fosse ciò che sta nel mezzo,
a un quarto, un terzo, due terzi o tre quarti, non sarebbe
per tutti.
Se la liberazione fosse il potere, la forza, la ricchezza, la gioventù,
il colore della pelle, l’appartenenza, la confessione
religiosa, non sarebbe per tutti.
Se la liberazione fosse la povertà, la debolezza, l’età adulta,
la vecchiaia, il colore degli occhi, la non appartenenza,
la negazione della confessione religiosa, non sarebbe per tutti.
Ma la liberazione è continuamente ed eternamente
manifesta, e basta all’umanità per viverla
non essere una pietra,
ma la forma cosciente che è
perché la Realtà quella forma si dà.
Nessuno sulla terra ha il monopolio
della Verità.
Se c’è una Verità e se c’è un monopolio,
solo la Verità ha il monopolio di sé stessa.
I tanti che vantano di esserne i detentori
devono sapere che l’io e le sue acquisizioni
sono crinali sottili come fili di rasoio
con strapiombi tutt’intorno.
Infatti come fai un’affermazione, subito
tracci un confine tra il detto
e l’inespresso.
E a nulla serve moltiplicare le affermazioni:
moltiplicherai l’inespresso.
Così, come la mente si pensa:”io”, subito
percepisce la realtà divisa tra un centro
che chiama sé e una periferia
che è il diverso da sé.
Poi su questo illusorio fossato pochi
sono i ponti che riuscirà a costruire
ma molteplice il pianto.
In effetti, ab initio, nessun io ha mai realizzato
la propria natura
così come un paio di forbici in azione
non ha mai realizzato un tessuto intero.
Non l’io, ma la Natura originaria realizza sé stessa
nella forma umana che si è data
e ancora si dà.
Tutto questo diviene evidente quando
l’io tace,
quando prodotti ed esauriti
tutti gli sforzi possibili e immaginabili
per approdare inutilmente a qualcosa
l’io muore a se stesso e la mente respira così
come è ed è sempre stata:
“la forma è vuoto e il vuoto è forma”.
È la Realtà senza cuciture,
senza aggiunte né sottrazioni
che brilla da prima dell’alba dei tempi
a dopo la loro fine,
e respira ora
nella sua forma di essere umano.
L’ Essere semplicemente qui-ora
apre la coscienza panoramica.
Se la coscienza panoramica non si apre
non siamo semplicemente qui-ora.
D’altro canto cercare di essere
semplicemente qui-ora perché si apra
la coscienza panoramica
impedisce d’Essere semplicemente
qui-ora.
In quanto Essere semplicemente qui-ora
ignora ogni scissione in oggetto-raggiungimento
e in soggetto-avente scopo,
scioglie ogni percorso, ogni percorritore
e ogni percorrere;
perde ogni punto di partenza, ogni punto
di arrivo e ogni punto di stare,
perché tutti li comprende.
“Il fine [spirituale] si realizza a patto di non porselo.”
Perché, cosa succede se ce lo poniamo?
Succede che dividiamo illusoriamente
la realtà in un soggetto che cerca
e in un oggetto cercato.
E fanno due; tre con l’azione
di cercare.
Ogni volta che oggettiviamo,
ci alieniamo illusoriamente dalla parte
di realtà oggettivata, la rendiamo esterna,
separata da noi.
Dopo di che abbiamo bisogno
di colmare la distanza che abbiamo
illusoriamente creato fra noi e questa
parte della realtà oggettivata.
Ma finché dura la scissione che la alimenta,
la distanza non potrà mai essere colmata.
È come il cane che cerca di mordersi la coda.
Ogni suo movimento per prenderla
sembra avvicinarla
ma in realtà la tiene distante
quel tanto che basta da renderla imprendibile.
Il cane si lancia in un giro vorticoso
destinato all’insuccesso
per afferrare una cosa che non ha nessun
bisogno di afferrare, perché è già parte di sé.
In questo specchio di coscienza
ci possono stare tutti i pensieri del mondo
tutto il pianto e il riso degli esseri
Può contenere odio o sete di giustizia
interagire con amore e compassione
eppure questo specchio di coscienza
rimane cavo e incontaminato.
Questa notte il prato illuminato
dalla luna
Stamattina la pioggia sommessa
che tamburella la sua canzone.
Non vi basta l’età che avanza, la forza che declina, la malattia e la morte? Quale altra pena volete aggiungere? Nel ciclo eterno della nascita e della morte l’essere umano infila senza obbligo alcuno l’abbondanza per pochi e la fame per molti, le ferite dell’orgoglio, la brama, il denaro, il potere, il prestigio; l’aggressione, il sangue, l’obbedienza assurda agli ordini di guerra, il pianto dei figli e delle madri, lo stridor di denti dei padri. La madre dei dolori inutili è sempre incinta.
Un vasto incendio, a distanza, dei monti davanti all’eremo, ci ha reso ancora più consapevoli nel nostro ritiro. Era il Monte Cablone che bruciava e brucia ancora, cima Tombea lambita, la nostra Valvestino, Magasa e Cima Rest allertate. Lì il canadair e gli elicotteri, le squadre di spegnimento che ben conosciamo per aver più volte partecipato a operazioni simili, negli anni in cui il fisico reggeva. Qui menti e corpi in zazen che lavorano sui roghi che l’io innesca e alimenta. Qui il fuoco benevolo della stufa che riscalda l’eremo, là il fuoco selvaggio dei boschi che terrorizza gli animali, incenerisce gli alberi, cuoce le pietre, dissecca i ruscelli e con la sua corona ardente s’allarga divorando i fianchi dei monti, alzando colonne di fumo denso che impregna l’aria e offusca il cielo. Al nostro sorriso interiore fa da contrappunto l’immensa sofferenza che sale dalla terra. Invano vorremmo allungare le braccia per salvare tutti gli esseri. I nostri sforzi sono solo una goccia nel mare, ma senza questa goccia il mare non sarebbe lo stesso.
Il picchio ha lavorato tutto il giorno sul grande pioppo bianco dietro l’eremo: “… rat-tat-tat-tan … rat-tat-tat-tan …”, per preparare il nido alla prossima covata e una magnifica poiana , ora col possente battito di ali, ora con larghe planate, posandosi di albero in albero, ci ha accompagnato per un tratto di strada mentre uscivamo dai monti, scomparendo, infine, lanciandosi in picchiata nella valle sottostante.
C’è una vita dell’io
e una Vita dello Spirito.
La vita dell’io è la vita dell’onda battuta
dai venti, consumata dall’ansia, dai dolori, gioie
e desideri, alla perenne ricerca di un Approdo
del quale fa sempre parte, ma non sa vedere.
La Vita dello Spirito è la vita dell’Oceano
in tutte le sue onde che consumano
ansia, dolori, gioie e desideri
ma senza che mai essa
ne venga consumata.
*
Possa questa pratica essere di beneficio
a tutti gli esseri