Se volete evitare una sofferenza, uno stato mentale
spiacevole, assumetelo.
Se volete scioglierlo, tenetelo davanti a voi
nel campo globale e visivo della coscienza.
Non cercate di evitarlo o scioglierlo.
Non colpitelo con la tensione,
lo sforzo, il desiderio
che non ci sia.
Se lo spirito autentico
è di respirarne la natura
(la vostra, l’Uno)
e non un tentativo furbesco, ancora
di eliminarlo, rivelato dalla frase:
“eh, ma non si scioglie!”
si scioglierà da solo
mentre paradossalmente
cercherete di trattenerlo.
Inutile dire – ma è bene ribadirlo –
che questo lavoro interno
non sostituisce il lavoro esterno
di rimuovere le cause di salute, economiche
o sociali dello stato mentale spiacevole,
della sofferenza.
La serenità interiore si sposa con l’azione sociale
e politica, con la sete di pace e di giustizia
e non con l’inazione.
Non è infatti vero che la pace interiore (essa stessa dinamica)
smorzi l’azione, mentre lo stato spiacevole,
la rabbia siano il motore di una rivoluzione vera.
Il dissidio mentale è il motore di una rivoluzione subito tradita,
questo sì. Tradita storicamente dopo pochi anni.
Tradita subito, di spirito e di fatto.
La libertà interiore, la serenità d’animo
acquisita non dimentica invece le cause
dello stato spiacevole, dell’ingiustizia.
Al contrario impiega tutta la potenza
della pacificazione mentale
per un’azione vera,
nonviolenta e radicalmente alternativa
a quell’ambito mentale e sociale
che causò la sofferenza, la contraddizione
l’ingiustizia.