Stando al perdurare della nostra condizione di ritiro permanente e “forzato” nelle nostre abitazioni, a parte le poche uscite per necessità personali o di volontariato, il ritiro vero e proprio si configura anche questo mese come una semplice estensione delle pratiche quotidiane, completamente integrato nella vita di ogni giorno, in quell’eremo personale o di famiglia che è ora diventato il nostro domicilio. Ebbene sì, tra le varie incombenze, le letture, i media, la partecipazione responsabile alle vicende famigliari, parentali, di vicinato, sociali e politiche, spunta tempo in abbondanza – lo diciamo a chi non sa cosa fare – per sedersi in zazen. Ovvero in meditazione per usare un termine più conosciuto.
Lo presentiamo allo stesso modo di marzo: come un optional, ma sappiamo bene quanto concreta e necessaria sia questa azione “gratuita, inutile, non mirata” di semplice presenza ed equilibrio interiore – perciò stesso di beneficio collettivo e nostro – e quanto manchi a un mondo alla mercé di azioni utilitaristiche e tese sempre ad afferrare i frutti dell’io, anche quando s’ammantano di motivazioni salvifiche.
Chi ha già partecipato a ritiri precedenti, sa già cosa fare. Chi vuole provare è libero di farlo nei tempi e nei modi, magari seguendo le indicazioni date proprio su questa pagina il 5 marzo (L’amorevole presenza) e il 27 marzo, in occasione del precedente ritiro, nonché in molti altri dei nostri testi. Indicazioni, abbiamo detto, cornici operative, ma quando siamo in zazen c’è solo zazen: “Nel mangiare, mangiate. Nel camminare, camminate. Nel sedere, sedete…”.