126. Fuggire la noia. Divertimento.
Quando mi è capitato di riflettere sulle diverse inquietudini degli uomini, sui pericoli e sulle pene a cui si espongono … là dove nascono tanti contrasti, passioni, imprese ardite e spesso malvagie, mi son detto spesso che tutti i mali degli uomini derivano da una sola cosa, dal non saper stare senza far nulla in una stanza.
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Quando poi ho riflettuto più accuratamente e, dopo aver considerato da dove vengono tutti i nostri mali, ho cercato di scoprirne la ragione, ho scoperto che ce n’è una ben reale, che consiste nella disgrazia naturale della nostra condizione debole e mortale, così miserevole che nulla può consolarci quando ci fermiamo a pensarci.
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È per questo che il gioco e la conversazione con le signore, la guerra, i grandi impieghi sono così ricercati. Non che se ne ricavi in effetti della felicità, né che si immagini che la vera beatitudine consista nel mettere le mani sul denaro che si può guadagnare al gioco, o sulla lepre cui si corre dietro nella caccia; … quel che cerchiamo è il tenerci impegnati per non pensarci, e il distrarci.
È per questo che gli uomini amano tanto il chiasso e il movimento. È per questo che la prigione è un supplizio così orribile, è per questo che il piacere della solitudine è una cosa incomprensibile. E infine la ragione più grande della felicità della condizione di re è che c’è sempre qualcuno che cerca di farlo divertire e di procurargli ogni sorta di piaceri. Il re è circondato da persone che non pensano ad altro che a farlo divertire e ad impedirgli di pensare a se stesso. Infatti anche se è re, è infelice se pensa a se stesso.
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[La vanità, il piacere di mostrarsi agli altri.] E così quando li si critica perché ciò che cercano con tanto impegno non può soddisfarli, lascerebbero i loro avversari senza possibilità di replica se rispondessero – come dovrebbero fare se pensassero con rigore – che così facendo non cercano altro che un’occupazione trascinante e impegnativa che consenta loro di non pensare a se stessi, ed è per questo che si danno un obiettivo che li seduce col suo charme e li attrae con passione.
… Se cercano di ottenere una carica, immaginano che, una volta ottenuta, vivranno in pace, e non percepiscono la natura insaziabile del loro desiderio; credono sinceramente di cercare la quiete, e non cercano invece che l’agitazione. Hanno un istinto segreto – un riflesso della percezione delle loro miserie continue – che li porta a cercare il divertimento, a tenersi occupati in cose che li distraggono da se stessi, cose esteriori. Ed hanno poi anche un altro istinto segreto – un residuo della grandezza della nostra prima natura – che fa loro sapere che la felicità non è in effetti che nella quiete, e non nell’agitazione, e da questi istinti contrapposti si forma in essi un progetto confuso che si nasconde alla loro vista, nella profondità della loro anima, che li porta a cercare la quiete attraverso l’agitazione, e ad immaginarsi sempre che la soddisfazione che adesso non hanno arriverà se, superando le difficoltà che si intravedono, potranno aprirsi per questa via la porta della quiete. Così passa tutta la vita: si cerca la quiete impegnandosi per superare gli ostacoli e, se li si supera, la quiete diventa insopportabile, per la noia che genera: bisogna uscirne, e inseguire l’azione…