Anche quest’anno
la cenere di un anno
allunga la balza
Appena arrivati all’eremo, la cerimonia iniziale consiste invariabilmente – anche in agosto per le albe fredde e pallide – nel pulire la stufa dai resti del fuoco precedente, per poi rovesciare ceneri e carboni spenti al limitare estremo della piccola corte erbosa che si trova davanti all’entrata ed è posta a sbalzo sul grande prato sottostante, digradante verso la valle. Capita, così, in inverno, che l’anno che se ne va trovi alimento e si mescoli al gesto consueto delle braci spente che vanno accumulandosi sul pendio…
La cenere di un anno, diario minimo
Il sole rosso
le tue piccole mani
nebbia sui prati
Sole notturno
sul Garda scintillante
cinto di luci
Pandemìa, ma
la neve cade ancora
tè caldo e sogni
Poi viene la riscoperta dei luoghi familiari abbandonati per le chiusure al tempo del contagio e ritrovati in una nuova stagione che non ha atteso:
Sì, chiusi in casa
ma la primavera ha
fatto da sé
mangiare grana
con un goccio di vino
pioggia al valico
sceso dai boschi
il richiamo del cuculo
alba sui tetti
il gran contagio
ci ha preso e lasciati
nudi nell’anima
E cavalcare l’estate e la pianura, scendere dai monti al mare della Lunigiana
alpi apuane
tra le nevi di marmo
ripidi camion
schiumar di onde
e il mare a proclamare
la calda estate
Di ritorno nel silenzio autunno-invernale dell’eremo, ma nei suoni della vita di tante vite, ricordare gli amici scomparsi
Ricordavamo
te, Valeria, poi un vispo
tasso è sbucato
Oh, meraviglia
il riso e il pianto
non passano mai
Un pettirosso
è venuto a trovarci
curioso e soffice