Riceviamo e ricordiamo

da Enrico Peyretti – [Nonviolenti] ricordo Lidia Menapace da http://www.serenoregis.org

Ricordo di Lidia Menapace

​Lidia Menapace è morta di covid il 7 dicembre, a 96 anni. Un gruppo di amiche e di amici l’ha seguita nei giorni della malattia in un collegamento online, che hanno chiamato “cordata di amore”, per mandare a Lidia la forza dell’unioneprofonda con chi l’ha seguita, ammirata, amata.

Lidia Menapace e’ nata a Novara nel 1924, partecipa alla Resistenza come staffetta nella Val d’Ossola, e’ poi impegnata nel movimento cattolico, pubblica amministratrice, docente universitaria, fondatrice del “Manifesto”; e’ tra le voci piu’ significative della cultura delle donne e dei movimenti della societa’ civile. Nelle elezioni politiche del 9-10 aprile 2006 e’ stata eletta senatrice. La maggior parte degli scritti e degli interventi di Lidia Menapace e’ dispersa in quotidiani e riviste, atti di convegni, volumi di autori vari; tra i suoi libri cfr. Il futurismo. Ideologia e linguaggio, Celuc, Milano 1968; L’ermetismo. Ideologia e linguaggio, Celuc, Milano 1968; (a cura di), Per un movimento politico di liberazione della donna, Bertani, Verona 1973; La Democrazia Cristiana, Mazzotta, Milano 1974; Economia politica della differenza sessuale, Felina, Roma 1987; (a cura di, ed in collaborazione con Chiara Ingrao), Ne’ indifesa ne’ in divisa, Sinistra indipendente, Roma 1988; Il papa chiede perdono: le donne glielo accorderanno?, Il dito e la luna, Milano 2000; Resiste’, Il dito e la luna, Milano 2001; AA. VV., Nonviolenza, Fazi, Roma 2004]

​Una vita degna e ammirevole, come quella di Lidia, ora si è compiuta. La piangiamo, ma non l’abbiamo perduta. Le abbiamo voluto bene. Dentro il suo ruolo pubblico, culturale, politico, c’è stata sempre la sua persona vivissima, costruttrice di relazioni vive, di amicizie calde e cordiali, di cammini coraggiosi, di pensiero originale di pace, di libertà e giustizia, nella fraternità, nella intensità spirituale. Nel dolore, siamo grati a Lidia, allo Spirito che l’ha animata di una vita che non muore. 

​In particolare, abbiamo ricevuto da lei uno speciale contributo, derivato dalla sua esperienza nella Resistenza, e dalla sua riflessione, a riconoscere e valorizzare i metodi della resistenza alla violenza senza imitare la violenza.  

​Per chi vuole conoscere il suo pensiero, nutrito dall’esperienza reale della Resistenza, sulla nonviolenza e la pace, segnaliamo alcune letture.

​La prima è il suo contributo nel convegno di Roma, novembre 1994 su La Resistenza nonarmata, pubblicato nel libro con lo stesso titolo a cura di G. Giannini, Ed. Sinnos, Roma 1995. In esso Lidia racconta di avere partecipato alla Resistenza senza mai portare armi: «Ero certa che non avrei mai potuto uccidere nessuno».  «Non ero disposta a portare armi e mai nessuno mi forzò a farlo, né me lo impose o suggerì».  «Il fatto che nelle formazioni si discutesse fa vedere che la Resistenza non era un movimento militare bensì politico» (nel libro citato, p. 104).

Un’altra lettura è il suo libro Resisté (Il dito e la luna, Milano 2001, pp. 90). Lidia racconta, in base alla propria esperienza partigiana, che nella Resistenza si poteva fare obiezione di coscienza all’uso delle armi, insomma che la vicenda fu molto più ricca di quanto la tradizione della storiografia italiana (inizialmente molto politico-militare e poco sociale e popolare) ci abbia trasmesso.

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