La lezione di Fra Cristoforo

Una mattina stavo guidando
su per la stretta via Mezzane
quando incontrai una delle tante auto
che vengono avanti ad oltranza.

Invece d’arrabbiarmi
e d’indicare come sempre
la piazzola appena dietro il prepotente

feci una lunga retromarcia,
fino a una nicchia, dove stetti.

Salutai con un cenno
e con un sorriso l’arrogante
sempre pensando che se qualche
ingiustizia dovevo riparare
di certo non era il caso di partire
da una lite di strada alla Fra Cristoforo.

Fu un gesto di perfidia, sapevo
dalla mia infanzia che una gara
con un fratello: “È mio, è mio”
aveva come risposta: “No ė mio, è mio”,

mentre la rinuncia nobile scatenava
la sensazione nell’altro di una vittoria
scemata d’interesse, magari l’invidia
per essere stato di meno.

Non fui il primo e non fui l’ultimo:
qualcun altro deve aver ripetuto
il gesto di perfidia, e qualcun altro
ancora, così che talvolta ora,

guidando su per la stretta via
Mezzane, le auto fanno a gara
a cedere il passo e lasciar passare.

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