
Quando mi vedrete immobile e freddo
come un fantoccio abbandonato
quel che sono e siamo
davvero
starà continuando a vivere
come sempre.
Il giorno che morirò non morirà
nessuno.
Se non quel piccolo ragazzo
divenuto vecchio
che vi saluterà
dai vostri ricordi.

“Domani, continuerò ad essere. Ma dovrai essere molto attento per vedermi. Sarò un fiore o una foglia. Sarò in quelle forme e ti manderò un saluto. Se sarai abbastanza consapevole, mi riconoscerai, e potrai sorridermi. Ne sarò molto felice.”
(Thich Nhat Hanh)
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Dogen e Thich Nhat Hanh
Durante la guerra in Vietnam, negli anni ’70, la nostra militanza nonviolenta che si opponeva al conflitto trovò una straordinaria corrispondenza con la terza forza buddhista – di cui Thich Nhat Hanh era uno dei principali esponenti, se non il leader indiscusso – che si frapponeva tra gli USA e i Vietcong per porre fine allo spargimento di sangue, e che fu spesso attaccata ferocemente da ambedue le parti come troppo di sinistra per i primi e troppo poco marxista per i secondi. Eppure di uno straordinario percorso di pace si trattava, che univa meditazione ad azione, spiritualità e vita quotidiana, e che si riallacciava alle sorgenti più autentiche dello Zen e quindi dell’umanità. Thich Nhat Hanh parlava con i Buddha e i Patriarchi del passato per vivere tra gli uomini del presente:


(C.B., Ca’ Foscari, Dipartimento Studi Asia orientale, 1976)