Estate 2022 – Il filo d’Arianna – 3

“Il fine [spirituale] si realizza a patto di non porselo.”

Perché, cosa succede se ce lo poniamo?
Succede che dividiamo illusoriamente
la realtà in un soggetto che cerca
e in un oggetto cercato.

E fanno due; tre con l’azione
di cercare.

Ogni volta che oggettiviamo,
ci alieniamo illusoriamente dalla parte
di realtà oggettivata, la rendiamo esterna,
separata da noi.

Dopo di che abbiamo bisogno
di colmare la distanza che abbiamo
illusoriamente creato fra noi e questa
parte della realtà oggettivata.

Ma finché dura la scissione che la alimenta,
la distanza non potrà mai essere colmata.

È come il cane che cerca di mordersi la coda.
Ogni suo movimento per prenderla
sembra avvicinarla

ma in realtà la tiene distante
quel tanto che basta da renderla imprendibile.

Il cane si lancia in un giro vorticoso
destinato all’insuccesso

per afferrare una cosa che non ha nessun
bisogno di afferrare, perché è già parte di sé.

Uscendo dal ritiro Zen di Giugno

Poiché la mente naturale 
è senza sforzo di fare o non fare

ed è sempre ciò che è 
senza condizione alcuna

non c’è  alcun bisogno di pratiche
né discipline, e sedere in zazen

coincide all’istante con un’espressione
della mente naturale stessa.

Come lo è l’alzarsi e l’agire.

Ma dal momento che ci identifichiamo 
con quelli che dovrebbero essere solo
dei meccanismi serventi, cioè l’io
e le sue attività

– e ne siamo dominati –

Allora Zazen è …

… che cos’è?

Compito per l’estate: cercate di dare una risposta.

Alcune tracce, Zazen è:

1 – una rottura di scatole

2  – un mezzo abile per accedere alla mente naturale

3 – un esercizio di pazienza e mal di gambe alla ricerca

dell’ottenimento della mente naturale

4 – una perdita di tempo

5 – una variante del cubo di Rubik

6 – un sogno diurno

7 – un utile esercizio di consapevolezza

8 – sedere, respirare, coscienti di tutto, attaccati a nulla

9 – zazen è zazen

10 – altro.

*

Grazie a chi ha partecipato al ritiro, in questo mondo in fiamme, e lavora per la pace.
Possa questa pratica essere di beneficio a tutti gli esseri.

*

Tramite questa pagina, cercheremo di rimanere in contatto con lettori e praticanti per tutta l’estate. 

Appuntamento, vita permettendo, al Centro Zen di Brescia, Via Scuole 34, domani 27 giugno, ore 20, per l’ultimo incontro in programma, e poi il primo lunedì di settembre 2022 per l’inizio della nuova stagione di pratica. Gl’incontri all’eremo della “Lovera” verranno fissati in data successiva. 

Il programma completo della nostra Associazione Zen infatti, sarà disponibile, sempre vita permettendo, su questo sito, dalla fine di agosto.

Uscendo dal ritiro Zen di Maggio

Quando qualcuno mi viene a parlare
di un qualche altrove da raggiungere
il mio consiglio è sempre lo stesso:

“Rilascia le tensioni dalle braccia, dalle spalle,
dalla schiena, dal respiro, dagli occhi, dal corpo,
dalla mente e guardati:

sei in ciò che provi o stai scappando verso questo
altrove?

Se stai cercando di fuggire in qualche altrove
ciò che provi ti inseguirà come un animale
insegue la sua preda.

Se sei in ciò che provi, sei nelle migliori condizioni
per stare e per andare”.

*

Possa questa pratica essere di beneficio
a tutti gli esseri.

Un caldo grazie a chi ha praticato con noi
e un profondo inchino agli amici del Vesak.

Per Roberto

“Roberto Cuccchini, 74 anni, recentemente scomparso, “Pacifista, ambientalista, ricercatore storico, dipendente della OM prima e responsabile dell’archivio storico della CGIL poi, Cucchini ha vissuto un pezzo di storia della sinistra militante bresciana. Fu tra i fondatori del Manifesto a Brescia. Da sempre si è impegnato nelle lotte del Movimento nonviolento.

Una persona limpida, buona, che sosteneva le sue idee con la forza del dialogo. Rigoroso, paziente, mai settario. Per anni è anche volontario alla Caritas di San Faustino.” (Enrico Milani, Giornale di Brescia, 11/1/22)

Ma pochi sanno che Roberto si è seduto numerose volte con noi in Zazen al Centro Zen di Brescia, e ha partecipato ai nostri incontri, aperti a tutti, nello spirito dell’art.3 della nostra Costituzione. Di lui conserviamo il ricordo di una presenza discreta e intensa, com’è stata la sua vita, fondata sulla profondità del sentire e sulla semplicità dell’agire, unite a una capacità di ricerca storica e personale che ha illuminato i suoi passi per le strade di Brescia e tra di noi tutti.

Uscendo dal ritiro Zen di Aprile

L’essere umano non è causa passiva della Storia,
un burattino delle circostanze, una fragile casa
nelle tempeste.

Pur evanescente incrocio di correnti e infinite cause,
l’essere umano è una forma senziente
e ha voce alta nel destino.

Non di quello fisico, ché tutti dobbiamo
qui esalare l’ultimo respiro, e la malattia
mette il punto all’ultima parola.

L’essere umano ha la voce alta nel destino
di consapevolezza, chiarezza, compassione
(ah, l’amore …) e azione.

-Ma la guerra – direte – l’orrore, la predazione
del più debole … –

E questo non rende più evidente la voce
dell’essere umano nel destino?

Noi ci forgiamo l’inferno, non Dio, non il Fato.
Nessun destino iperuranico, solo la mente
e ciò che fa.

La mente ci salva, la mente ci perde.

Il soldato russo che si rifiuta di aggredire l’Ucraina
è causa attiva della Storia, come lo è il soldato
americano che obbedisce e vaporizza
vecchi, donne e bambini a Hiroshima
e Nagasaki.

E ambedue costruiscono un presente
ed un destino diversi.

A quale vogliamo contribuire?

Uscendo dal ritiro Zen di Marzo

Non vi basta l’età che avanza, la forza che declina, la malattia e la morte? Quale altra pena volete aggiungere? Nel ciclo eterno della nascita e della morte l’essere umano infila senza obbligo alcuno l’abbondanza per pochi e la fame per molti, le ferite dell’orgoglio, la brama, il denaro, il potere, il prestigio; l’aggressione, il sangue, l’obbedienza assurda agli ordini di guerra, il pianto dei figli e delle madri, lo stridor di denti dei padri. La madre dei dolori inutili è sempre incinta.

Un vasto incendio, a distanza, dei monti davanti all’eremo, ci ha reso ancora più consapevoli nel nostro ritiro. Era il Monte Cablone che bruciava e brucia ancora, cima Tombea lambita, la nostra Valvestino, Magasa e Cima Rest allertate. Lì il canadair e gli elicotteri, le squadre di spegnimento che ben conosciamo per aver più volte partecipato a operazioni simili, negli anni in cui il fisico reggeva. Qui menti e corpi in zazen che lavorano sui roghi che l’io innesca e alimenta. Qui il fuoco benevolo della stufa che riscalda l’eremo, là il fuoco selvaggio dei boschi che terrorizza gli animali, incenerisce gli alberi, cuoce le pietre, dissecca i ruscelli e con la sua corona ardente s’allarga divorando i fianchi dei monti, alzando colonne di fumo denso che impregna l’aria e offusca il cielo. Al nostro sorriso interiore fa da contrappunto l’immensa sofferenza che sale dalla terra. Invano vorremmo allungare le braccia per salvare tutti gli esseri. I nostri sforzi sono solo una goccia nel mare, ma senza questa goccia il mare non sarebbe lo stesso.

Il picchio ha lavorato tutto il giorno sul grande pioppo bianco dietro l’eremo: “… rat-tat-tat-tan … rat-tat-tat-tan …”, per preparare il nido alla prossima covata e una magnifica poiana , ora col possente battito di ali, ora con larghe planate, posandosi di albero in albero, ci ha accompagnato per un tratto di strada mentre uscivamo dai monti, scomparendo, infine, lanciandosi in picchiata nella valle sottostante.